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Golden Triangle - Il Triangolo d'oro, centro del traffico di droga - La tripla frontiera

Sono sul ciglio della strada in compagnia di Marianna, un’argentina conosciuta qualche giorno fa a Pai. Entrambi stiamo cercando di raggiungere Chang Rai in autostop.
Primo mezzo: un autocarro nero dove dal retro del cassone si gode di un bel vento fresco.
Secondo mezzo: un americano reduce di un infortunio durante una missione in Afghanistan e che oggi rinnega gli Stati Uniti d’America, ci offre due birre e la simpatica compagnia della sua fidanzata thailandese.
Terzo mezzo: un altro autocarro ci permette di godere di un incredibile tramonto e delle statue dei Buddha che padroneggiano le montagne di questa zona.
Quarto mezzo: un camion con una famiglia di quattro persone ci caricano nonostante l’abitacolo sia stretto.
Raggiungo Chang Rai e mi lascio guidare dalla fame nel fiume di baracche che servono da mangiare. I cibi thailandesi sono delle vere e proprie performance artistiche, dalla preparazione del piatto fino al risultato finale, concludendo il suo percorso nella galleria dei sensi. Spaziare tra i sapori di un nuovo paese è già di per sé un viaggio.

Avvolto dal benessere mi dirigo verso la tripla frontiera, dove il fiume Mekong divide con le sue acque i tre paesi: Thailandia, Laos e Myanmar, conosciuto anche come “Il Triangolo d’Oro”, perché in passato l’oppio prodotto qui valeva come l’oro ed era pagato con l’oro stesso. A partire dagli anni ’50 furono aperti nuovi laboratori di raffinazione lungo le frontiere. I chimici della disciolta organizzazione criminale Green Gang introdussero la tecnologia, facendo così diventare il “Triangolo d'Oro” la più grande zona di produzione di eroina al mondo. Le basi d’oppio e di eroina prodotte nel Myanmar venivano trasportate nei laboratori da carovane d’asini. Il prodotto convertito veniva poi spedito in varie città della Thailandia, tra cui la capitale, pronta per la distribuzione internazionale. Negli anni ’80 l’oppio che invadeva i mercati mondiali proveniva dal “Triangolo d’Oro”.
I governi dei tre paesi hanno iniziato così a scrivere leggi e a farle rispettare, distruggendo le piantagioni di papavero e incentivando la produzione di colture alternative come caucciù, tabacco e caffè. In Myanmar e Laos, però, hanno dovuto trattare con i gruppi ribelli, rilasciando facili permessi di costruzione per Casinò, riconoscendo una grossa fetta di guadagno a chi deteneva il potere del commercio dell’oppio.
Non era nei miei piani entrare oggi in Laos, ma le frontiere su di me hanno lo stesso effetto delle sirene di Ulisse...

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