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Gli ultimi giorni del comandante Che Guevara

Sono le quattro del mattino e mi trovo sull’ennesima panchina che mi fa da letto. Cristian è con me, siamo arrivati a Vallegrande a bordo di un furgone. Dopo un paio d’ore tra i colori di un’alba boliviana, trovo posto in una casa che puzza di vecchio, ma il prezzo è poco più di due euro. Perfetto.
Il primo luogo che visito a Vallegrande è la lavanderia: mi trovo di fronte a questo pezzo di pietra e immagino così forte quasi da poter vedere il corpo davanti a me. Qui fu messo in mostra “Che” Guevara per un intero giorno, affinché i militari boliviani potessero osservarlo. Anche la C.I.A. era presente e furono loro i maggiori complici in quest’operazione, aiutando l’allora presidente Barrientos alla cattura e all'assassinio. Ci sono scatti che testimoniano la presenza di generali dell'esercito degli Stati Uniti mentre reclutavano e armavano giovani boliviani per mandarli in guerra.
Il secondo giorno fu esposto per la stampa venuta da tutto il globo ed infine per gli abitanti dei piccoli villaggi intorno. Proprio questi si rivoltarono contro l'esercito dopo aver visto il corpo del "Che". Secondo gli abitanti i lineamenti del suo aspetto ricordavano in maniera identica quelli di Gesù. Questo fu il primo passo verso un cambio di pensiero nei confronti del comandante.

Non tutti conoscevano “Che” Guevara, anzi, erano in pochi quelli che sapevano leggere e che potevano avere informazioni in merito. Tutti gli altri erano stati manipolati con un forte lavaggio del cervello da parte dei media, controllati a loro volta dalla politica attuale - non vi ricorda un po' il nostro paese?
Inoltre, gli ordini erano di non prestare aiuto, chi disobbediva veniva punito con anni di carcere.
Un giornalista però si infiltrò nella lavanderia, toccò il corpo del “Che” e notò che la temperatura era ancora calda. Il rivoluzionario era stato ucciso da poco. Con quella testimonianza il governo boliviano dovette smentire la farsa della morte in battaglia, dichiarando così la cattura e l’uccisione avvenuta poche ore prima.

All'ingresso del mausoleo di Ernesto Guevara ci sono quattro bandiere: quella dell’Argentina a ricordare il paese natale, quella di Cuba per ricordare la lotta all'indipendenza intrapresa accanto al suo fedele compagno Fidel Castro, quella della Bolivia a ricordare il luogo della morte ed infine quella dell'armata di liberazione, ovvero “La Lucha”, il suo gruppo di battaglia. In senso antiorario quasi un centinaio di foto che ripercorrono la sua vita in ordine cronologico, tutte in bianco e nero. Al centro, a qualche metro di profondità, ci sono sette lapidi che riportano i nomi dei guerrieri. La prima a sinistra riporta il nome di Ernesto Guevara de la Serna, con al centro una grande stella rossa.
Il corpo fu oggetto di un’invano tentativo di ricerca durato trent’anni. Fu un soldato a svelare, dopo forti pressioni, dove si trovasse il corpo. Il governo di Cuba finanziò gli scavi per il ritrovamento, che fu riconosciuto perché senza mani. Gli furono tagliate ed inviate a La Paz insieme ad un calco di gesso del viso, al fine di riconoscerlo ed accertarsi fosse lui. La giacca gli era stata posta sul viso per un eventuale riconoscimento. Questi dettagli furono forniti dallo stesso soldato che lo seppellì.
Il giorno dopo la cattura allestirono per l’occasione un aeroporto per la stampa mondiale. Il corpo di Ernesto Guevara si spense nel minuscolo e sperduto villaggio de La Higuera.
Sarà proprio quella la mia prossima destinazione, sicuro che troverò molte più informazioni di quanto avessi mai letto o visto in libri e documentari.

Raggiungere La Higuera non è semplice se vuoi evitare taxi al prezzo di trenta euro per un “andata e ritorno”. Non è questo quello che vogliamo io e Cristian, non cerchiamo un'esperienza di fretta e furia. Quindi andiamo alla stazione di benzina poco fuori il villaggio, dove chiedo ad ogni contadino se può caricarci con lui. Pochi tentativi e siamo dentro un furgone che trasporta cinquanta litri di benzina, ma all’occorrenza anche animali visto che il cassone è pieno di escrementi, addirittura sulle barriere di protezione c'è della merda.
Cinquanta chilometri di strada montagnosa e polvere ingerita, percorse in tre ore di viaggio. Mi ritengo anche fortunato viste le condizioni della strada.
Il contadino ci scarica ad un incrocio nel bel mezzo del nulla dove si erge un cartello: 10 chilometri per la “Ruta del Che”. I luoghi della cattura e dell’assassinio di Ernesto Guevara. Intorno a noi il nulla più assoluto e quindi non abbiamo altra soluzione che camminare.
Capisco di aver raggiunto il villaggio quando vedo... (vai allo store di Amazon per continuare la lettura)

Tags: Bolivia

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