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Varanasi, la città della luce - INDIA


Varanasi è una delle più antiche agglomerazioni urbane del mondo ed è abitata da circa 5000 anni. I testi religiosi indù descrivono questa città utilizzando anche altri appellativi: La “mai abbandonata da Shiva”, o “la foresta della beatitudine" e “il grande luogo delle cremazioni". Quest’ultimo appellativo ha reso Varanasi la città sacra per gli induisti, obbligati a recarsi qui almeno una volta nella vita per poter immergersi nel fiume sacro, il Gange. Ogni mattina all'alba, gli indù compiono le proprie purificazioni sui ghat - una serie di scaloni che portano diritto nelle acque del fiume.
Mi attira l’attenzione un ragazzo inginocchiato a mungere una mucca al centro di uno di questi ghat.


≪Namasté mi chiamo Subamh, prima volta a Varanasi?≫. E dopo le brevi presentazioni, come se si trovasse in un set cinematografico comincia a recitare con tono differente: ≪secondo l'induismo Varanasi è l'unico posto della terra dove le divinità ti permettono di sfuggire al saṃsāra, ovvero di spezzare il ciclo della rinascita e ottenere la salvezza, questa particolarità ha fatto sì che nel corso dei secoli milioni e milioni di induisti sono venuti a morire qui. Molti di loro hanno deciso di raggiungerla ancor prima della morte trasferendosi in attesa del loro ultimo giorno, noi desideriamo che le ceneri vengano sparse proprio in questo fiume, questi fuochi che vedi servono a cremare i corpi. Ti andrebbe un chai?≫.
≪Un cosa?≫.
≪Un chai è un tè aromatizzato con l’aggiunta di alcune spezie unite al latte≫. Con un polso si asciuga la fronte e prosegue.

≪Quelle candele che vedi sulla superfice dell’acqua rappresentano i propri sogni, quanto più lontano le trascinerà la corrente, più prosperità si avrà nella vita; invece, quello che vedi lì alla tua sinistra è il Manikarnika ghat, qui si infiammano le torce che danno inizio ad ogni cremazione, il fuoco è tenuto vivo da 3000 anni e viene gestito da due famiglie≫. È pazzesco solo a pensarlo, e inoltre questo è uno dei lavori più retribuiti di Varanasi, oggi definita una vera e propria organizzazione criminale.


I racconti sono profondi e il giovane indiano s’accorge d’essere in ritardo per le cerimonie quotidiane, si alza di colpo e con un secco ≪seguimi, sei invitato alla cerimonia della sera≫, blocca il suo affascinante discorso portandomi con sé. Raggiungiamo il primo tempio dove attentamente lo osservo pregare con gesti e riti a me del tutto nuovi. Poi ci spostiamo in un'altra struttura, altre candele ed altri riti religiosi e così via fino ad arrivare alla grande cerimonia nella sala principale. Quando ormai contavo di aver visto tutto mi sono dovuto ricredere davanti a questa scena: un gruppo di fedeli suonano dei tamburi indiani con un ritmo incessante, un altro invece una campana con regolarità incredibile e senza mai fermarsi, un baba accende degli strani incensi e comincia a predicare dei canti. All’improvviso il buio, la musica aumenta di velocità e volume, il suono è assordante, mi tremano le gambe! Ogni nota è come una scossa, il metallo della campana è come spalmato sul mio corpo, i tamburi non si arrestano e tutti i fedeli sembrano finiti in un forte stato di trance.

Poi la luce! Gli strumenti di si arrestano per dar spazio ai canti dei fedeli urlati a squarciagola, il baba distribuisce un dolce da mangiare in onore di Shiva, la sacra divinità indù.
Gli induisti fanno di tutto per poter morire qui, quando i corpi arrivano in città si creano dei cortei che avanzano a passo di marcia per trasportare il defunto fino al luogo della cremazione, accompagnato dal grido dei fedeli ≪il nome di Dio è verità ≫.


I cadaveri vengono posti su della legna di sandalo preparata accuratamente, poi ricoperti con dei veli di seta gialli, rossi e arancione. Il corpo viene bloccato da pezzi di legno per evitare contrazioni dovute alla combustione, poi si cosparge con oli profumati e dopo un mantra, in fine, viene poggiata la torcia sulla bocca del defunto. Il momento più sconvolgente della cerimonia è il Kapal Krya, ovvero quando il cranio si apre per effetto del calore così da liberare l'anima. L’odore dei corpi bruciati e il fumo che viene su mi fa lacrimare gli occhi regalandomi una sensazione del tutto nuova. Praticamente sto inalando essere umani. Non avevo mai vissuto niente di simile in vita mia.

Ora sono chiuso in camera a scrivere e non faccio altro che pensare e ripensare a questa giornata, devo ammettere a me stesso che mi piace quel senso di realtà, di accettare la morte con consapevolezza e senza farne un dramma, noi siamo così legati troppo al corpo che ne soffriamo la perdita.
Oscar è uno spagnolo che si trova in India per girare un documentario e a quanto pare, nemmeno lui riesce a dormire questa notte, decidiamo così di ritornare sul luogo delle cremazioni. Avvolti dalla nebbia ci incamminiamo alla ricerca di nuove sensazioni, ma una figura richiama la nostra attenzione. La scena che si presenta è leggermente macabra: una donna con il volto cosparso di cenere, simbolo di morte e rinascita, vestita solo di un telo nero e accompagnata da un paio di cani che le ruotano ai piedi, statica ci fissa impassibile. È una fedele della setta degli aghori, un movimento religioso induista che a che fare con la morte e con orribili riti cannibali. A questa setta vengono concessi atti di impurità assoluta, come la meditazione sui cadaveri, il consumo di carne in decomposizione, dei loro stessi escrementi e...












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