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Volontariato in Cambogia

Banlung

Un viaggio lungo dieci ore, durante il quale il furgone lascia la capitale fino ad arrivare a Banlung, una terra dai colori accesi, la culla di tante etnie dimenticate dal governo e circondata da un’impenetrabile giungla.
Qui mi aspetta Vudhy con la sua moto arrugginita, un mio coetaneo che ha messo in piedi quest’associazione per lo sviluppo scolastico degli abitanti di questa zona, ex guida ed esploratore. Ancora un paio d’ore tra le polverose strade che dividono in due la giungla e arriviamo nel piccolo villaggio.
Il governo ha stanziato una consistente somma economica per chiunque abbia il coraggio di entrare nel cuore della giungla per mappare il territorio. Ci sono aerei e corpi mai recuperati precipitati in zone difficili da raggiungere per via della fauna e della flora. Vudhy si improvvisa professore tuttofare, invece Jane, la moglie, è costantemente impegnata nel recupero animali abbandonati. La “scuola” è senza pareti, ha otto banchi di legno e la tettoia in lamiera. Un canadese di ventiquattro anni, che ha visitato questa zona pochi giorni fa, è ora gravemente ammalato, ricoverato in ospedale per via della malaria, la puntura di una zanzara gli ha trasmesso un parassita, ed è in attuale stato di coma. Io non ho fatto la profilassi antimalarica e un vaccino vero e proprio ancora non esiste; in ogni caso per un viaggio lungo come questo è davvero difficile fare una cura. Più facile lo è per un viaggio breve ed organizzato, tale da curarsi prima, durante e dopo il viaggio. Resta comunque una cura aggressiva per il corpo, ne risente il fegato e per giorni bisogna sopportare dei dolori muscolari. Pertanto, preferisco evitare queste zone oppure, come in questo caso, ripararmi durante le ore che precedono l’alba e il tramonto, con l’aggiunta di qualche repellente locale, utilizzato in maniera sporadica visto che un uso continuo di quelli industriali non farebbe bene a nessuno.




Le mie lezioni si tengono per due ore al mattino ed una il pomeriggio, con frequenza facoltativa. Gli alunni hanno dagli otto ai dodici anni. Le materie che ho deciso in concomitanza con gli altri “professori” sono inglese e matematica. Dovrebbero saperlo i miei docenti dell’istituto tecnico che siamo diventati colleghi, soprattutto quelli che dicevano “è intelligente ma non si applica”. Come potevo mai applicarmi in un luogo che, come unico obiettivo aveva (ed ha) l’omologazione? La mia fantasia e il mio mondo era sempre stato ben più aperto, largo, espanso, i miei sogni a voce alta erano considerati pazzi. Mi sono sempre chiesto se sia proprio l’istruzione scolastica a “non applicarsi”, valutando un elemento umano con una scala di numeri che innesca una competizione tra gli alunni, invece di accompagnarlo nel capire e valorizzare le capacità.
“È intelligente ma non si applica”.
Perché non riuscivate a farmi applicare visto che ero intelligente?...

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